Header Newsletter

Il 18° film della rassegna Cineforum Rizza è Il potere del cane, film western premiato al Festival di Venezia, di cui sotto trovate sotto come di consueto, la scheda completa.

Sabato 5 e Domenica 6 marzo, la programmazione prevede la proiezione de Il lupo e il leone, un film d'avventura - family - dove un cucciolo di lupo e un cucciolo di leone smarriti vengono salvati da una ragazza, nel cuore del deserto canadese.

Venerdì 4 marzo ore 20:45 il cinema ospiterà una tappa del tour 2022 di Cinema africano con la proiezione del film Yomeddine in collaborazione con iI comune di Castel d'Azzano. Ospite Pablo Sartori, giornalista presso PM-Nigrizia.

Infine abbiamo il piacere di informare tutti i nostri spettatori che da Venerdì 5 Marzo l'ingresso al cinema sarà accompagnato da una mostra fotografica allestita lungo il percorso di accesso alla sala. Si tratta di “Fotografie in mostra”: un'esposizione di istantanee. "Ognuno dei fotografi espone a Rizza una sintesi del proprio lavoro con l’intento di mostrare, oltre alla capacità tecnica nel realizzare le immagini, anche il proprio personale stile, un'impronta del proprio vissuto", dice Enzo Paiola, fotografo nonchè ideatore e conduttore del progetto, "una fotografia come sintesi personale da in-seguire come fotografo." Mostra a cura di Corsi Foto Verona 2021. Espongono 16 fotografi di Verona e provincia.

Vi aspettiamo!

Lo Staff di Cinema Teatro Rizza

18° film della rassegna Cineforum di Rizza

Il potere del cane

Regia: Jane Campion

Cast: Benedict Cumberbatch, Genevieve Lemon, Jesse Plemons, Kodi Smit-McPhee, Ken Radley, Kirsten Dunst

Genere: Drammatico

Durata: 125 minuti

Date e Orari

Tessere Cineforum oppure Biglietto € 6.50 

"Benedict Cumberbatch: «Il Potere del Cane? Che gioia tornare a fare il cattivo»

SINOSSI

Montana, 1925. I fratelli Burbanks, Phil e George, sono gli eredi di un grande ranch di famiglia, che mandano avanti occupandosi quotidianamente dello spostamento mandrie, dell'essicazione delle pelli e dell'addestramento degli uomini di fatica. Mentre George è un uomo sensibile e desidera una famiglia, Phil è un bullo patentato e omofobo, ossessionato dal mito del suo mentore Bronco Henri. Quando George prende in sposa la giovane vedova Rose e la porta al ranch, Phil prende di mira la donna e suo figlio Peter e non smette di tormentarli.

ASPETTANDO LA PROIEZIONE

Intollerante, maleducato, competitivo, gradasso, omofobo e maschilista. Con questi pochi complimenti si potrebbe concludere la descrizione del ranchero Phil Burbank, il personaggio attorno a cui ruota l’ultimo film di Jane Campion, interpretato da un grande Benedict Cumberbatch che, pare davvero, non si sia lavato per settimane così da entrare alla perfezione nel personaggio. Insignito del Leone d’Argento per la Miglior Regia alla Mostra di Venezia, Il potere del cane, tratto dall’omonimo romanzo di Thomas Savage (1967, in Italia edito da Neri Pozza), è un western crepuscolare che giustappone sconfinate praterie e colline in richiamo ai classici del genere a un’introspezione che lacera i personaggi tra interiora bovine e squisiti design d’interni Anni Venti.

Siamo appunto nel 1925, in Montana, dove Phil e il fratello George (Jesse Plemons) portano avanti il ranch di famiglia. La loro casa, eredità dell’espansione economica della Gilded Age, è più che confortevole, spaziosa e arredata con un certo sfarzo, ma il rapporto tra i due fratelli è conflittuale: Phil ama il lavoro duro, gli spazi aperti e si fa portatore orgoglioso di una morale naturale tramandata da generazioni di cowboys; George, al contrario, veste abiti neri su misura e sembra più interessato a cercar moglie e intrecciare relazioni borghesi con la classe dirigente locale, piuttosto che a seguire le orme del vecchio mandriano Bronco Henry, un mitologico ‘vero uomo del west  che Phil rievoca con trasporto, mentre George – e anche in questo sono diversi – sembra del tutto indifferente al ricordo di un signore che, in fondo, gli ha solo dato lezioni di cavallo da ragazzo.

Ad un certo punto, con i suoi modi garbati, George riuscirà ad avvicinare e infine sposare la padrona di locanda Rose (una davvero ottima Kirsten Dunst), che finirà per trasferirsi nella magione dei Burbank con il figlio Peter (Kodi Smith-McPhee), quarto ed ultimo personaggio chiave. La dinamica è di natura tragica. Phil, il bullo, non riesce ad accettare che il fratello si sia sposato e per di più non tollera la presenza dei due inquilini, che non considera degni di condividere il suo tetto: Rose perché è una donna, e in quanto tale la considera per natura inaffidabile, incapace e subdolamente interessata alle ricchezze della famiglia; Peter, invece, perché è un ragazzo che oggi definiremmo queer, cioè non perfettamente conforme agli standard estetici e caratteriali richiesti dal tempo in cui vive (non è muscoloso né prestante, è studioso e silenzioso, e sembra dotato di una sensibilità che proprio non si addice al prototipo del mandriano maschio, bianco e aspirante capobranco).

Il titolo del film è la chiave di lettura di tutta la vicenda. “Potere del cane” è infatti una espressione tratta da uno dei passaggi biblici più citati tra i cosiddetti “salmi di lamento individuale” (Salmi 22:20), in cui il sofferente fa appello a Dio, supplicandolo di liberarlo da un insuperabile e insopportabile dolore. Ma se i protagonisti della Bibbia sono impotenti di fronte all’arbitrio divino, nel film è proprio il più insospettabile tra i personaggi a dare una svolta, fornendoci una nota di ottimismo. Ebbene, da cosa si cerca la liberazione? Di che tipo di sofferenza si narra? Per rispondere a queste domande dobbiamo ricordarci che il film è adattamento di un libro del 1967, anno in cui il western classico aveva già subito la sua demolizione – tra i rispettosi colpi di martello di Howard Hawks (Un dollaro d’onore e El Dorado) e le irreversibili accettate di Sergio Leone – e fuori dai cinema stavano maturando le generazioni che avrebbero compiuto il parricidio culturale e valoriale del 1968.

La lotta che vediamo consumarsi tra Phil e il resto del mondo non è dunque di natura economico-sociale. Non ci sono ricchi contro poveri, campagne contro città, lavoratori contro padroni o agricoltori contro allevatori. La posta in gioco è di tutt’altro tipo e vede contrapporsi due modelli di vita opposti, in uno scontro tra generazioni, generi e antropologie differenti. Da un lato c’è chi (Phil) interpreta la vita come una fiera ripetizione della tradizione: in quest’ottica, per mezzo della completa immedesimazione in un ruolo sociale pre-esistente, ciascuno troverebbe la sua dimensione adeguandosi e interpretando quella parte. Dall’altro, invece, chi (Rose e Peter) interpreta la crescita, il progresso e la scoperta del sé come aspetti di una libertà fondata sull’autodeterminazione, la comprensione graduale e lo sviluppo spontaneo delle personalità.

Sono temi che, ovviamente, suonano anacronistici se inseriti nel contesto del Montana del 1925. Eppure, ancora una volta, il western si dimostra genere perfetto per parlare dei massimi sistemi, specie quando si tratta di stilizzare e simbolizzare. E così vediamo che Peter e Rose sono molto credibili nel ruolo dei sofferenti che vogliono liberarsi dal giogo di Phil, il quale è invece la costrizione fatta persona, una sorta di cammello che si nutre di catene. L’uomo impone innanzitutto a se stesso (per lo meno in pubblico) i codici che crede di dover rispettare e pretende che anche gli altri si allineino ai suoi canoni, pena la persecuzione, il sarcasmo, la pubblica derisione e l’imposizione della pressione psicologica di chi ha deciso di renderti la vita impossibile. Rose, impotente, si darà all’alcol, mentre il giovane Peter – solo apparentemente fragile, mansueto e dissociato – userà tutta la sua intelligenza e autocontrollo per provare a risolvere la situazione.

Bellissimo il finale (anche se i meno attenti dovranno rivederlo un paio di volte per capire cosa sia successo), che ci fa tirare le fila del discorso e ci fa comprendere che il cane, il potere da cui liberarsi, è proprio Phil, non come individuo, ma come portatore di un certo sistema di valori (quello del classico west), e come suo rappresentante ultimo. Anzi, da un certo punto di vista è lo stesso Phil ad essere liberato da se stesso e dal peso di un personaggio che sta interpretando con abnegazione, ma che  – noi spettatori lo sappiamo – lo sta opprimendo. Forse anche per questo nella costruzione della soluzione finale manca l’estetica della vendetta, mai neanche per un istante sentimento-motore della narrazione: con la stessa disinvoltura con cui le automobili e i treni hanno sostituito i cavalli, il West, insieme con il suo pesante bagaglio valoriale, muore al crepuscolo, senza clamori o sensazionalismi e la sua dipartita viene accettata e interiorizzata come fosse un fatto naturale, magari un po’ singolare. Tra un vago e leggero stupore di chi lo credeva invincibile e un certo sollievo per il fatto di essersene liberati.

LA PAROLA A BENEDICT CUMBERBATCH

LA REDENZIONE «Credo che il mio personaggio sia il risultato di come è stato cresciuto. Lo capisco così come sono in grado di non giudicarlo e non condividere le sue azioni. Il fatto che non sia in cerca di redenzione fa parte di chi è. Si sente isolato nella sua situazione in cui si trova, ma non ho mai pensato di affrontare i propri problemi».

IL CATTIVO «È un personaggio complesso. Non si può considerarlo solo il cattivo della storia. Lo vedo come una figura poetica complessa. Mi serviva tornare a fare la parte di un cattivo!».

SU JANE CAMPION «Quando incontri Jane non puoi fare a meno di pensare a tutte le opere iconiche che ha realizzato nel cinema. C’è un’alchimia straordinaria che inserisce nei suoi film e che colpisce tutti. E poi riesce a fare la ripresa migliore possibile in ogni situazione. È una donna fantastica. Penso sia liberatorio lavorare con lei. Sperimenti te stesso come artista quando hai a che fare con una persona che si fida di te. È un’esperienza immersiva che ti fa esprimere».

Vedi il Trailer

 

TUTTA LA PROGRAMMAZIONE DA VENERDI' 4 MARZO 2022


Sabato 5 marzo ore 20:30
Domenica 6 marzo ore 15:00  
Domenica 6 marzo ore 18:00

16:30
:00
20:30   

16:30
:00
20:30    

 
16:30
:00
20:30     
 

INDICAZIONI PER L'ACCESSO ALLA SALA

 

Informazioni relative alle modalità di fruizione dei film sulla base della normativa attualmente vigente:

Si invita a seguire le indicazioni della segnaletica orizzontale e verticale predisposta.

E' garantita la pulizia e disinfezione della sala ad ogni utilizzo.

Attenzione: la biglietteria apre 45 minuti prima della proiezione (il lunedì pomeriggio apre alle 16:00, 30 minuti prima). 

Vi ringraziamo per la collaborazione e vi auguriamo una buona visione! 

Gestisci la tua iscrizione   |   Vedi online
facebook  instagram 
Cinema Teatro Rizza
Piazza 24 Febbraio 1945, 7, 37135 Rizza VR